La ricerca qualitativa

Un viaggio alla riscoperta dei significati personali

Denzin e Lincoln (1994) definiscono la ricerca qualitativa come “quel tipo di ricerca che adotta un approccio naturalistico verso il suo oggetto di indagine, studiando i fenomeni nei loro contesti naturali, tentando di dare loro un senso o di interpretarli nei termini di significato che la gente da di essi”.

Se nella ricerca quantitativa lo studioso è interessato a raccogliere dati, nella ricerca qualitativa è interessato ad accogliere significati (Armezzani, 2004), cercando di comprendere il punto di vista soggettivo delle persone con passione e curiosità (Maturana, 1995).

Nella ricerca qualitativa non esiste uno strumento migliore di altri: lo strumento più adeguato è quello che meglio risponde alle finalità della ricerca (Armezzani, 2004). Per questo, lo studio qualitativo esercita l’arte di ascoltare i dati, ovvero la capacità di intuire quale sia lo strumento che consente di valorizzare al massimo il tema dell’indagine (Rubin & Rubin, 1995).

Se la ricerca quantitativa riduce e semplifica l’oggetto di studio, la ricerca qualitativa lo coglie in tutta la sua globalità e complessità. Il ricercatore è un essere umano che si rapporta ad un altro essere umano, e cerca di comprendere l’esperienza altrui partecipando con tutta la propria persona, il proprio intuito, le proprie emozioni, il proprio passato e i propri pensieri (Armezzani, 2004). Il ricercatore può comprendere il partecipante perchè l’altro è simile a lui in quanto essere umano (Armezzani, 1998).

Nella ricerca qualitativa, il criterio di validità di uno studio è l’ intersoggettività: “l’alterità è il banco di prova delle nostre ipotesi sul mondo” (Armezzani, 2004, p. 30).
Quella che, comunemente, ingenuamente ed erroneamente viene chiamata “oggettività”, in realtà non è altro che intersoggettività (Armezzani, 1998). In quest’ottica, l’oggettività non si fonda sulla consistenza degli oggetti, ma sulla relazione tra i soggetti. L’oggettività è resa possibile grazie alla comunicazione, all’accordo, alla condivisione, alla conferma reciproca tra i soggetti. L’oggettività è fondata sul consenso intersoggettivo, è garantita dalla co-presenza degli altri. È la formazione di un mondo condivisibile. Questa oggettività non è mai compiuta e statica, ma dinamica e processuale: è un rimando continuo ad ulteriori prospettive, è un continuo intreccio di scorci. Dunque il linguaggio svolge un ruolo cruciale nel processo di validazione: il linguaggio è il mezzo attraverso cui si realizza l’intersoggettività, è la via che rende possibile la comunicazione e la condivisione tra i soggetti.

In linea con quanto abbiamo appena detto, il ricercatore deve lavorare secondo la logica del rispetto, e non quella del sospetto (Kelly, 1955): non esiste una verità assoluta e indiscutibile, bensì esistono tante verità particolari, tante quante sono i soggetti viventi. Ogni realtà è vera per colui che la costruisce. Ogni individuo ha il proprio sistema di significati, unico ed irripetibile, che merita di essere compreso. Dunque il ricercatore deve mantenere sempre il cosiddetto atteggiamento credulo, che consiste nell’accettare incondizionatamente il racconto altrui.

Se la ricerca quantitativa segue un piano rigidamente stabilito a priori ed esprime un processo lineare, la ricerca qualitativa avanza nell’ incertezza, si definisce gradualmente, man mano che procede con le indagini e ha un andamento circolare. Subisce continui adattamenti e aggiustamenti in corso d’opera, per quanto riguarda l’ipotesi di partenza, i metodi di indagine, i partecipanti ecc (Maturana & Varela, 1984).

Mentre la ricerca sperimentale si fonda sul campionamento statistico, la ricerca qualitativa si fonda sul campionamento teoretico (Flick, 1998). Questo significa che l’estensione e le caratteristiche del campione non sono stabilite rigidamente a priori, ma vengono definite gradualmente, man mano che si procede con l’indagine.
In particolare, prima si seleziona l’oggetto di interesse e poi le persone che possono dare informazioni a riguardo. Il campione generalmente è di piccole dimensioni, poichè il reclutamento dei partecipanti termina quando viene raggiunta la cosiddetta “saturazione teorica” (Glaser e Strauss, 1967), ovvero quando si ritiene che l’aggiunta di ulteriori casi non apporterebbe nessun nuovo contributo alla ricerca.

È importante sottolineare che, se la ricerca quantitativa conduce uno studio “su soggetti”, la ricerca qualitativa lavora “con persone” (Armezzani, 2004). In questo senso, i soggetti non vengono reificati e manipolati a piacimento del ricercatore, ma vengono rispettati e riconosciuti nella loro umanità, come donatori di senso, come centri di esperienza. Così, il partecipante diviene attivo e imprescindibile collaboratore del ricercatore (Cipolletta & Alfredetti, 2008).
Nel corso dell’indagine, ricercatore e partecipanti entrano in accoppiamento strutturale (Maturana & Varela, 1984), che comporta necessariamente un adattamento reciproco tra i sistemi in interazione: di conseguenza, sia il partecipante sia il ricercatore usciranno cambiati e maturati dall’esperienza di ricerca.

Condurre una ricerca qualitativa piuttosto che quantitativa, può essere molto più difficile e faticoso, poiché richiede maggiore responsabilità, esperienza pratica, intuizione, creatività, immaginazione, apertura, flessibilità, capacità di dialogo, competenza relazionale, capacità di analisi, selezione e sintesi.