I vissuti nel malato di SLA

La malattia come esperienza narrata in prima persona

La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una malattia rara caratterizzata dalla degenerazione progressiva dei motoneuroni inferiori e superiori (Bonduelle, 1975).
Nella letteratura scientifica, la maggior parte degli studi sulla SLA è rappresentata da ricerche quantitative. Pochi studi hanno condotto una ricerca qualitativa per esplorare l’esperienza vissuta in prima persona dai pazienti.

Brown e Addington-Hall (2007), parlando con diverse persone colpite dalla crudele malattia, sono riusciti ad individuare quattro tipi di trame sul vivere e affrontare la SLA: la trama del sostegno, la trama del subire, la trama della preservazione e la trama della rottura.
La trama del sostegno racconta del vivere nel miglior modo possibile rimanendo attivi ed impegnati nella vita. Si focalizza sugli aspetti positivi, piuttosto che su quelli negativi, su ciò che può essere raggiunto piuttosto su ciò che non è più possibile.
La trama del subire parla del vivere in una situazione insormontabile, indesiderata e difficile che lascia la persona impotente e incapace di combattere per la vita o contro la morte. La persona è interdetta, imbrigliata, paralizzata tra la vita e la morte: né la vita né la morte è l’opzione più semplice da scegliere.
La trama della preservazione ha come parola d’ordine la sopravvivenza. La persona non vuole abbandonare la speranza, combatte la morte con tutte le sue forze e coglie ogni opportunità per cercare di aumentare le proprie possibilità di sopravvivenza. In questo modo, la persona può oscillare facilmente tra un grande ottimismo e la disperazione più profonda.
La trama della rottura riguarda la perdita, la frattura del sé, la paura per il futuro, il diniego della realtà e il vivere in una nozione surreale del tempo. La persona ha perso il controllo della propria vita, è scioccata, confusa, incapace di dare senso e coerenza a quello che le sta succedendo. Il pensiero di dover abbandonare per sempre i propri piani personali e professionali manda in frantumi.
In una stessa persona può essere presente una sola trama, oppure possono intrecciarsi più trame.
Gli autori sottolineano che lo studio delle narrazioni dei pazienti consente di elaborare strategie per aiutare i malati, le famiglie e i professionisti della salute a comprendere meglio cosa significa vivere con la SLA e come affrontarla nel migliore dei modi.

Successivamente, anche Locock, Ziebland e Dumelow (2009) hanno indagato le narrazioni dei malati di SLA.
In particolare, hanno identificato tre tipi di impatto che la malattia può avere nella storia del paziente: la frattura biografica, l’interruzione biografica e la riparazione biografica.
La frattura biografica è la rottura delle aspettative, dei piani e degli scopi di vita, delle abitudini quotidiane, del proprio sé e del proprio ruolo, delle proprie relazioni. È un violento, brusco ed intenso cambiamento che irrompe nella vita. È un improvviso cambio di direzione. La frattura biografica potrebbe condividere alcuni aspetti con la trama della rottura e la trama del subire descritte da Brown e Addington-Hall.
L’interruzione biografica sembra essere una caratteristica distintiva della SLA. Mentre la frattura biografica implica un cambiamento disturbante e indesiderato, l’interruzione biografica è intesa come un arresto, una fine improvvisa. Porta con sé la sensazione che la diagnosi sia una sentenza di morte, che la vita sia già finita e che non ci sarà più futuro. Il tempo smette di scorrere, la persona si ferma in un eterno presente, non vede altro che la terminalità, vive come se stesse già morendo, come se sperimentasse una morte vivente, una vita finita ma non finita. Davanti a lei c’è il buio.
La riparazione biografica è il tentativo di ricostruire la propria vita, di ricominciare da capo, di rinsaldare la frattura, di riprendere a vivere, di “riprendere il filo del discorso”. È l’adattamento e l’accettazione della nuova condizione. I pazienti riferiscono diverse strategie di riparazione: bilanciare evitamento e accettazione, mantenere la vecchia normalità, creare una nuova normalità, vivere la vita a pieno, trovare un nuovo significato di vita, o mantenere una continuità biografica. La riparazione biografica per certi versi essa potrebbe richiamare la trama del sostegno individuata da Brown e Addington-Hall.

Un’altra ricerca qualitativa che ha permesso di approfondire i vissuti dei pazienti è quella di Young e McNicoll (1998). Gli autori sono riusciti a trovare alcuni pazienti in fasi avanzate della SLA che riferivano esperienze positive, ammettevano di avere una vita soddisfacente ed affrontavano eccezionalmente bene il disturbo.
Le strategie di coping usate da queste persone erano fondamentalmente la rivalutazione cognitiva, le tecniche di rielaborazione e la stimolazione mentale.
La rivalutazione cognitiva consisteva soprattutto nel riconoscere ciò che può essere cambiato e ciò che non può essere cambiato, ed assumere poi un controllo attivo su ciò che può essere cambiato. Dunque, se da un lato non è possibile modificare la progressione della malattia, dall’altro lato è possibile determinare come ci si sente rispetto ad essa. Questo meccanismo esprime anche una tensione constante tra battaglia e accettazione.
Le tecniche di rielaborazione erano soprattutto l’umorismo (prese in giro bonarie, dispettucci, umorismo nero, canzonature, scherzi ed ironia), la capacità di trarre benefici dalle avversità (trovare degli aspetti positivi nella malattia), la capacità di risignificare la propria vita, e il controllo del pensiero (scegliere attivamente di avere un atteggiamento positivo, focalizzarsi su pensieri divertenti e piacevoli ricorrendo a memoria e fantasia).
La stimolazione intellettuale avveniva ad esempio leggendo libri, ascoltando la radio, guardando la tv, discutendo di politica, raccontando storie ecc…
Inoltre, questi pazienti riferiscono che grazie alla malattia hanno potuto sviluppare la loro saggezza. Essi giocavano spesso con la prospettiva, uscendo dai loro confini individuali ed assumendo una visione globale del mondo, che gli consentiva di riflettere sul proprio essere nel mondo e nella storia, e rivedere la propria vita da un punto di vista esistenziale, filosofico e spirituale.
Infine, per mantenere un’elevata qualità della vita queste persone sottolineavano la vitale importanza delle relazioni interpersonali, specialmente con il coniuge e i figli, ma anche con gli amici, i vicini, i caregivers professionali, i parrocchiani, ecc…
Questa ricerca evidenzia l’importanza di focalizzarsi non solo sui deficit, i problemi e le sofferenze dei pazienti, ma di dare altrettanto spazio ai loro punti di forza, ai loro successi e al loro benessere.
L’esperienza positiva di queste persone piene di risorse suggerisce ai professionisti della salute strategie di intervento per ottimizzare la qualità della vita degli altri malati di SLA.